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San Giorgio Martire onlus

Petrella Tifernina

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MARIA icona dell’ attesa tra storia ed attualità

di Cinzia Tamburrello   “È lì presente una Vergine e madre: non di uno qualunque, ma di Dio”sono le parole di Ambrogio Autperto in uno dei sermoni dedicati a Maria. Eletto abate nel 777, Autperto è considerato il “primo dei grandi mariologi” della cristianità occidentale (Benedetto XVI, Udienza Generale 22 APRILE 2009). La mariologia occidentale dell’abate volturnense si  è incontrata con la tradizione liturgica orientale in un omaggio ecumenico alla Virgo et Mater del 1 dicembre. Il concerto del coro “Russia cristiana” ha dato  inizio al tempo di Avvento presso la storica abbazia di San Vincenzo al Volturno, con l’Esaltazione di Maria,  che con il suo sì incondizionato, partecipa in maniera intima e materna alla vicenda storica di Gesù. Ancora una volta sorprende la vision dell’associazione San Giorgio martire onlus e del centro Studi Tiphernum che, perfettamente in linea con questa sensibilità storica cultura e spirituale, ha riproposto dal  2016 nella monumentale chiesa di San Giorgio martire l’antica festa dell’expectatio partus, percorso di fede ed arte tra passato e presente tra storia e spiritualità. Il tentativo è quello di risalire alle fonti storiche per il recupero di pratiche liturgiche che Kelly autorevole studioso della liturgia beneventana ritenne così pregiate da paragonarle a  perle. Voluta dai Padri del Concilio di Toledo nel 656 e denominata Expectatio partus Beatae Mariae Virginis. “La festa della Madre – affermarono i Padri, non è nient’altro che l’Incarnazione del Verbo”. In seguito, la celebrazione prese il nome di “Festa di Nostra Signora della O”, si celebrava solennemente di buon mattino e vi partecipavano tutte le donne in attesa di un figlio per venerare la divina maternità di Maria e implorare da Lei soccorso nel momento del parto. In effetti, si trattava di una vera e propria festa della vita nascente. L’Avvento, per la Vergine Madre, fu singolare e privilegiato tempo di grazia, perché, come canta il Prefazio, fu Lei che “attese e portò in grembo con ineffabile amore” quel Figlio di Dio che è per noi Dono, Grazia, Salvezza. Da un’antica omelia risalente al 795 del vescovo Davide a PAPA FRANCESCO (Meditazione Mattutina nella cappella della Domus Sanctae Marthae Come in attesa del parto Lunedì, 23 dicembre 2013) contempliamo il mistero dell’attesa“A Natale si vivono le «percezioni interiori al femminile» proprie dell’«attesa di un parto». Un atteggiamento spirituale che prevede uno stile di «apertura»: per questo non si deve mai mettere sulla porta della nostra anima «un cartellino educato» con la scritta: «Si prega di non disturbare». La Chiesa fa questo, ha spiegato il Santo Padre, perché «è in attesa di un parto». Infatti «anche la Chiesa, in questa settimana, è come Maria: in attesa del parto». Nel suo cuore la Vergine «sentiva quello che sentono tutte le donne in quel tempo» così particolare: quelle «percezioni interiori nel suo corpo e nella sua anima» dalle quali comprende che il figlio sta ormai per nascere. E «nel suo cuore diceva sicuramente» al bambino che portava in grembo: «Vieni, voglio guardarti la faccia perché mi hanno detto che tu sarai grande!». È un’esperienza spirituale che viviamo anche «noi, come Chiesa», perché «accompagniamo la Madonna in questo cammino di attesa». E «vogliamo affrettare questa nascita del Signore». Questo è il motivo della preghiera: «Vieni, o chiave di Davide, o sole, o saggezza, o Emmanuel. Vieni!». Un’invocazione riecheggiata anche dagli ultimi versetti della Bibbia quando, alla fine del libro dell’Apocalisse, la Chiesa ripete: «Vieni, Signore Gesù». E lo fa con «quella parola aramaica — maranathà — che può significare un desiderio o anche una sicurezza: il Signore viene».

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SOGNO E REALTÀ SULLA VIA DELLA BELLEZZA

Cinzia Tamburrello Con  ulteriore colpo d’ala  sembra virare al futuro l’associazione San Giorgio martire onlus  che mirando allo sviluppo e alla promozione del territorio, torna a sorprendere attraverso la produzione di manufatti.  Si tratta della riproduzione dei capitelli dalla scansione 3D, riproduzione alquanto fedele che non tralascia neppure le imperfezioni dei bassorilievi dovute al logorio della pietra. I manufatti sono stati realizzati da una macchina a controllo numerico e ad estrusione con  pietra di comiso in scala (cm 40×40×30) e dal peso di 60 kg. Una vera e propria idea imprenditoriale che emula il cosidetto “Realismo magico”, attribuito al grande  Brunello Cucinelli, uno giganti dell’imprenditoria italiana il quale in occasione della presentazione della sua biografia  al Mudec di Milano,  ha identificato i due fattori del successo, nella realtà del suo percorso di imprenditore e nella visione, quasi magica,  della vita e del futuro.  Un messaggio carico di speranza è dunque quello rivolto ai giovani «La cosa più importante è non avere paura. Non lasciatevi influenzare da chi sottolinea gli aspetti di difficoltà e incertezza che la vita riserva. È tutto vero, vivere è complicato…. non abbiate mai paura del futuro, vivete il presente con leggerezza e parlate e sognate a ruota libera. Fatelo soprattutto con i vostri amici e amori». Le parole di Cucinelli dense di carica esperienziale riecheggiano lo stesso invito a non avere paura  rivolto ai giovani da parte di papa Francesco e dei suoi due predecessori. Certo dalle parole di  Brunello Cucinelli giunge un altro messaggio fondamentale: «Sognare, immaginare, fantasticare, sono buoni punti di partenza. Poi però le energie – quelle tipiche della fase lavorativa della vita – vanno indirizzate, convogliate». Anche i messaggi sulla tecnologia e sul digitale sembrano particolarmente in linea con la vision dell’associazione San Giorgio martire onlus, la quale con uno sguardo al passato è tutta protesa al futuro per la valorizzazione del patrimonio artistico e culturale con ricadute sul welfare turistico e la creazione di opportunità occupazionali. «La tecnologia è una cosa fantastica….Conviene restare umani, custodire la riservatezza, preservare degli spazi di “non connessione”. Servono per stare con noi stessi e con gli altri, per parlare davvero con amici e parenti, per passeggiare in un bosco. Un’altra priorità che dobbiamo darci è quella di farci custodi della natura, del creato e di tutto ciò che di bello hanno fatto le persone che hanno abitato questo pianeta prima di noi». Ed è proprio all’essere custodi della bellezza che risponde il progetto: “San Giorgio martire e le sue pietre narrate attraverso le nuove tecnologie-il digitale a servizio della conoscenza e del dialogo con Dio” (http://www.sangiorgiomartireonlus.com) in un tendere all’ammodernamento delle tecniche per innalzare la fruibilità e l’accessibilità del patrimonio artistico, senza tralasciare di salvaguardare i messaggi altamente spirituali e fondativi dell’essere che la via pulchritudinis racchiude in sè.    © Riproduzione riservata

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MANUFATTI DI PIETRA PER LA CELEBRAZIONE DEL CREATO

Cinzia Tamburrello «Laudato si’, mi’ Signore», cantava san Francesco d’Assisi. In questo bel cantico ci ricordava che la nostra casa comune è anche come una sorella, con la quale condividiamo l’esistenza, e come una madre bella che ci accoglie tra le sue braccia: «Laudato si’, mi’ Signore, per sora nostra matre Terra, la quale ne sustenta et governa, et produce diversi fructi con coloriti flori et herba». Il cantico delle creature è riecheggiato dalle parole di Papa Francesco a quelle dell’arcivescovo  della diocesi di Campobasso Bojano mons. Bregantini, che in occasione della  giornata del ringraziamento (11/11/18) svoltasi  nella sala museale di Petrella Tifernina, ha richiamato l’essenzialità del legame con la terra e le proprie radici per il successo delle attività imprenditoriali legate alla coltivazione del suolo, all’allevamento di bestiame e alla valorizzazione culturale e paesagistica del territorio. Gli interventi introdotti dal sindaco di Petrella Alessandro Amoroso,  hanno evidenziato le necessità di azioni di solidarità, sussidiaretà ed inclusione a sostegno della tutela e dello sviluppo del territorio. Temi questi trattati con chiari riferimenti al magistero della chiesa dagli autorevoli interventi dei relatori; il prof. Cacchione della pastorale del lavoro, la prof.ssa Fiorenza direttrice della scuola di formazione socio-politica “Toniolo”della diocesi di Campobasso Bojano, il prof. Maiorano docente Unimol di scienze e tecnologie agrarie alimentali, forestali e ambientali. Interessanti e pregni di tutto lo spessore dell’esperienza vissuta gli interventi dei produttori locali; il dott. Trucco che, trasferitosi da Genova a Petrella ha affrontato la sfida di dedicarsi all’apicoltura con risultati di eccellenza e il dott. Ruscitto Alessandro che ha portato sul mercato nazionale ed internazionale un’altra eccellenza petrellesse e molisana  rappresentata dal maiale casertano . E nel segno di una continua oscillazione tra passato e presente, nel suo guardare alla storia per vivere radicati nel presente ed aver uno slancio al futuro, si è collocato l’intervento di Virginio Marinelli. Il vice presidente dell’associazione S.Giorgio martire, ha ripercorso tutte le azioni messe in campo dall’associazione tra le più significative:  pubblicazione della rivista “Dai segni della storia al progetto per il futuro” a cura di Francesco Bozza del Dipartimento Culturale “Tiphernum” (2017) , master in architettuta, arti sacre e liturgia presso l’Università Europea di Roma (2014-15), pubblicazione  del catalogo “Pietre Vive” percorsi di arte e fede donata al papa S.S. Benedetto XVI (udienza generale a Castel Gandolfo  09 settembre 2012)  e al  papa S.S. Francesco (05 luglio 2014) ,  seminario di studio l’UNIER di Roma: “Conversi ad Dominum”(2014-2015),  convegno: “Il culto della sindone e i templari tra oriente ed occidente” a cura del Prof. Giulio Fanti sindonologo  dell’Università di Padova (2013),  pubblicazione de “Medioevo nel Molise – il cantiere della chiesa di San Giorgio martire a Petrella Tifernina” di Gandolfo Gianandrea Angelelli Pomarici – Gangemi Editore (2012). Da questo rapido excursus si approda al progetto più recente dal titolo “San Giorgio e il Romanico – Narrazioni dal nostro passato” , che collocato in un ambito tematico culturale ed artistico prevede la promozione del territorio, dell’artigianato artistico e tradizionale e del turismo religioso e culturale. Il progetto mira ad un percorso di valorizzazione della Chiesa San Giorgio Martire di Petrella Tifernina e di altre Chiese Romaniche Molisane come Santa Maria della Strada di Matrice e Santa Maria di Faifoli di Montagano tutte rientranti nell’Antica Diocesi di Limosano. Questa proposta culturale si basa sulle Innovative Tecnologie 3D, di Tour Virtuali oltre ad Applicazioni di Realtà Aumentata , tecnologie che potrebbero contribuire a trasformare l’esperienze turistiche religiose ed artistiche in fruizioni dinamiche, coinvolgenti, emozionali ed altamente suggestive oltre che potenti strumenti di comunicazione, informazione, intrattenimento.

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L’antica diocesi di Limosano e la media valle del Biferno nella ricostruzione storica del Bozza

di Cinzia Tamburrello Si è svolta il 23 ottobre 2018, presso la sala consiliare del comune di Campobasso la presentazione del libro “Processus super archiepiscopatu Beneventano”a cura del prof. Francesco Bozza. A curarne la presentazione il prof. Gianfranco De Benedittis archeologo molisano, noto per i suoi studi di storia ed archeologia pubblicati nella rivista  “Samnitium”,  edita anche in rete nel sito www.samnitium.com. La storia come recupero dell’identità e la religione come chiave di lettura del Molise, sono i temi di apertura della presentazione, con riferimento al dipinto di Scarano che ritraendo una Via Crucis, è  particolarmente rappresentativo dello spirito e dell’anima molisana. “La storia non è una favola” continua nel suo accattivante discorso il De Benedittis, “ma abbiamo bisogno di dati per guardare al futuro”, lasciando intravvedere possibilità di sviluppo anche economico per il Molise a partire dalla cultura. Entrando in medias res il De Benedittis accenna alla trascrizione del Bozza degli atti di un processo per il riconoscimento del titolo di diocesi a Limosano, in una fase storica in cui anche Ferentino avanza la stessa richiesta. Questo dunque l’antefatto del processo che nel testo, attraverso la trascrizione dal beneventano in latino e in italiano, riporta le deposizioni dei testimoni; persone che nella loro semplicità offrono la verità immediata dei fatti. Da questo punto di vista il libro del Bozza restituisce alla storiografia uno spaccato della situazione geo-storica, viaria, economica, sociale e culturale oltre che religiosa della media valle del Biferno nell’alto medio evo. Così in termini di territorialità si ha la documentazione dei paesi facenti parte della diocesi di Limosano, come Sant’Angelo Limosano, San Biase, Petrella ecc, in termini di compagine sociale si individuano, attraverso le professionalità dei testimoni, le arti e i mestieri più diffusi; medici, avvocati, artigiani, giudici. Altro dato interessante è la realtà viaria che si snodava in un’ impressionante triangolazione viaria articolata con taverne, luoghi d’incontro ecc. Soprattutto trova conferma il ruolo esercitato dal tratturo Celano Foggia asse che unificava la diocesi e la rendeva meta e luogo di pellegrinaggio. Altro interessante dato è l’aspetto “politico” secondo il quale a Limosano da circa 30 anni ci si riuniva in chiesa per parlare e dirimere la questione “diocesi”, mentre a Ferentino  le consultazioni duravano  da 7 anni. Nel suo intervento il prof. Bozza  oltre a ricostruire la cronistoria del suo volume dalla citazione del Kher alla sua ricerca su documenti dell’archivio vaticano, cita le simpatiche ed amicali controversie con De Benedittis sul toponimo Casca Pera e Castra Petra, più comodo, quest’ultimo alla ricostruzione storica di Petrella , ma smentito dalla pervicacia del Bozza che ha dimostrato negli anni, l’esistenza del sito ormai estinto denominato Casca Pera. Altro aspetto ampiamente documentato è la presenza di pratiche liturgiche grecaniche le cui tracce sono ben visibili nei paramenti, nella liturgia, nei modi di raffigurare “more greco” e documentabili fino al 1724 all’epoca del cardinale Orsini. Il vescovo mons. Giancarlo Bregantini ribadisce il ruolo strategico della diocesi nata da un bisogno di prossimità rispetto alla diocesi di Benevento , con esigenze di controllo sulla vallata in un paesaggio bellissimo connotato da pietre che riflettono i colori del sole nelle varie ore del giorno. Il vescovo si sofferma a decantare al di là dei tratti paesaggistici, anche la bellezza dei monumenti come la chiesa di Santa Maria che custodisce perfino un sepolcreto dei vescovi, la chiesa di S. Francesco e di Santo Stefano. Infine in maniera ancora più poetica, il vescovo ripercorre il cammino di Celestino V che da S. Angelo a Limosano a Faifoli ha incontrato gli eremi e si è formato all’ombra di questa spiritualità. Dalle parole del vescovo la necessità di fare  storia in maniera approfondita e documentata per riscoprire l’identità e l’appartenenza al territorio, ma di curare anche il recupero dei manufatti e l’accessibilità dei luoghi , come ci si sta impegnando a fare per Limosano eretta nel 2018 dal Santo Padre a diocesi titolare, ma non ancora restituita alla fruibilità e all’antica bellezza.

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Labirinti tracce di spiritualità e fede nei Cammini di Gerusalemme

Di Cinzia Tamburrello Un’interessante parallelismo sembra svelare la funzione del labirinto rappresentato nel grafite della colonna di sinistra (entrando) della chiesa di S. Giorgio martire a Petrella Tifernina (fig. in alto a sinistra). Uno dei nostri lettori infatti ha segnalato il labirinto di Pontremoli (fig. in alto a destra), un paesino della Lunigiana (MS),  che custodisce nella Chiesa di San Pietro una lastra di pietra arenaria raffigurante un labirinto datato tra l’XI e il XII secolo. Oltre alla datazione altro indizio interessante, è rappresentato dal fatto che nel Medioevo la cittadina lunigianese era uno dei luoghi principali che sorgevano sulla via Francigena, la strada percorsa dai fedeli diretti verso le principali mete di pellegrinaggio; Roma, Gerusalemme e Santiago de Compostella.  Alla sommità del labirinto uno dei due cavalieri affrontati  ma non speculari, è affiancato da un drago che si morde la coda. Nel linguaggio simbolico il serpente che si morde la coda, è  allegoria dell’Eternità e nella fattispecie al termine  del labirinto  è inciso il monogramma di Cristo, fonte di immortalità. I due cavalieri potrebbero rappresentare lo scontro tra il Bene e il Male, alludendo alla battaglia delle fede che impegna il credente. La presenza del labirinto, nelle chiese che costeggiavano la via Francigena, indica la via salutis (via della salute) il percorso iniziatico che conduce dalla soglia del tempio fino all’altare; si entra nel mistero del tempio e appena entrato il pellegrino si sente dentro il ventre di un’arca (non a caso la leggenda di Giona viene paragonata all’episodio dell’arca di Noè) che naviga sulle acque di questo mondo, ma in un altro tempo. Come dice C. Demetrescu, in  Il simbolo pietra miliare della cristianità (relazione tenuta il 4 aprile 2000) « Il concetto di incarnazione del Verbo, su cui poggia tutta la simbolica del tempio cristiano, è illustrato con eloquenza in certe immagini medievali.  Così nel romanico l’abside e la cupola sono circolari, perché dedicati a Dio, mentre la navata, destinata al suo popolo, è rettangolare: Dio e uomo, spirito e materia s’incontrano nel tempo sacro e nello spazio terreno del tempio e della liturgia. […] L’importanza della soglia come dell’intero portale è immensa: l’ingresso delle chiese longobarde era custodito da arcangeli; potenti leoni difendevano i portali romanici dagli spiriti del deserto e dalle eresie. L’interdizione di entrare riguardava i nemici, i distruttori di fede, i falsi profeti, i falsi messia.» Dal portale inizia dunque il percorso, la via salutis, che conduce verso l’altare, guidato dalle pietre miliari dei simboli scolpiti sui capitelli, tutta la storia biblica del mondo sfila davanti agli occhi del pellegrino, ricordando l’epopea del destino umano. Nella chiesa di S. Giorgio martire a Petrella Tifernina, la prima prova iniziatica, che il pellegrino sembra dovesse affrontare era la prova del labirinto; un graffito all’inizio della navata ossia sulla prima colonna di sinistra di rara particolarità, è rappresentato da semicerchi concentrici sormontati da due volatili (=pavoni posti uno di fronte all’altro). I labirinti erano legati agli esercizi di devozione collegate a specifiche indulgenze, dotati di significato apotropaico e di esorcismo dalle potenze del male, come già avveniva nel mondo greco (soprattutto a Corinto sono stati rinvenuti labirinti scolpiti sulle case), o in Inghilterra dove all’esterno delle chiese sono stati allestiti veri e propri labirinti.  Il senso più profondo del labirinto è nella sua complicata tessitura, simbolo del mondo,  figura dell’esistenza umana, della difficoltà a ritrovarsi nelle spire della vita e della condizione umana. Secondo questa concezione, l’entrata nel labirinto è la nascita, mentre l’uscita è la morte; lasciato in balia di se stesso l’uomo è incapace di riconoscersi e si perde per dirla con Dante in una selva oscura, per ritrovarsi e fuoriuscire è necessario il filo di Arianna che secondo una risemantizzazione cristiana è la grazia. La presenza del labirinto autorizza ad ipotizzare che, Petrella fosse collocata lungo la via dei pellegrinaggi per Gerusalemme, non a caso i labirinti venivano anche detti Cammini di Gerusalemme essendo la città situata al centro del mondo. Il percorso del labirinto in alcuni casi sostituiva il pellegrinaggio a Gerusalemme e a questa pratica erano collegate delle indulgenze. Di forte valenza simbolica il labirinto rappresenta dunque, in chiave spirituale, il viaggio al centro del proprio essere, di cui il pellegrinaggio non è che l’aspetto esteriore.  Seguendo uno schema figurativo particolarmente ricorrente nelle sepolture e presso le tombe dei martiri, un interessante simbolo  sormonta il grafite di Petrella Tifernina; si tratta di due volatili affrontati che potrebbero essere pavoni, immagine dell’immortalità secondo la credenza  che le loro carni fossero incorruttibili, o colombe icona delle vergini che, radunate in gruppo nella chiesa sono inattaccabili dallo sparviero il quale può ghermirle solo isolandole.

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È un labirinto ‘Caerdroia’ il misterioso grafite della chiesa San Giorgio Martire

 IL LABIRINTO CHE NON DOVREBBE ESISTERE: IL”CAERDROIA” DI PETRELLA TIFERNINA (CB) IN MOLISE di Giancarlo Pavat Chi ha avuto modo di conoscermi, o ha seguito i miei lavori, saprà certamente che io intendo la “ricerca” come un lavoro di equipe, come un continuo confronto con altri ricercatori e appassionati, uno scambio di informazioni, curiosità, novità, a maggior ragione in un campo come quello delle ricerche sui labirinti, molti dei quali dimenticati dalla storia e dagli uomini e sperduti in siti e località fuori mano, poco note. Non basterebbe una intera umana esistenza per setacciare l’Italia al fine di scovare nuovi esemplari. Giocoforza, per poter avere un quadro il più possibile completo, non è possibile prescindere da una intensa opera e attività di condivisione. Ed è proprio in questo modo che un paio di anni fa venni a conoscenza dell’esistenza di un esemplare di labirinto rarissimo per il nostro Paese. Un Labirinto presente in una chiesa medievale del paese di Petrella Tifernina (CB) in Molise. Chiesa dedicata al cavaliere uccisore  di draghi per antonomasia: San Giorgio.     È stata la ricercatrice e scrittrice bergamasca Marisa Uberti a informarmi sulla scoperta di questo Labirinto ed a fare in modo che potessi mettermi in contatto con lo scopritore. Ovvero il giovane molisano Mario Ziccardi, studioso di Storia dell’Arte. “Petrella Tifernina è un centro abitato della provincia di Campobasso, dista dal capoluogo di regione circa 20 chilometri in direzione nord; il paese è situato nella media valle del fiume Biferno, a destra del corso d’acqua a circa 650 metri sul livello del mare. ll territorio di Petrella è attraversato da una fitta rete di percorsi viari che hanno reso questo centro uno snodo di un certo rilievo, inoltre non è lontano dai percorsi tratturali principali quali il Lucera-Casteldisangro e il Celano-Foggia”. Già da questa breve descrizione si intuisce come la località in cui si trova il Labirinto, fosse un punto di passaggio per viandanti, pastori, mercanti e, certamente pure, pellegrini. Il monumento principale di Petrella Tifernina è la chiesa di San Giorgio; vero e proprio gioiello artistico ed architettonico del Molise. Ma pure uno scrigno colmo di segreti e misteri. Basti pensare che secondo una accreditata leggenda locale, nel Medio Evo la chiesa avrebbe ospitato la Sacra Sindone prima che venisse portata in Francia. Non per nulla, nella navata sinistra è esposta una riproduzione a grandezza naturale del misterioso Sudario di Torino. “La chiesa fu edificata tra la fine del XII secolo e gli inizi del XIII secolo (e precisamente per volere del magister Epidius attorno al 1211) probabilmente su precedenti preesistenze (forse un antico luogo di culto sannita) ed è un pregevole esempio di architettura romanica che trova nell’edificio particolari e inedite caratteristiche che contraddistinguono la sua unicità in un contesto rurale come storicamente appariva quello molisano” spiega Ziccardi “L’edificio cultuale ha pianta parallelepipeda con tre navate absidate, il presbiterio rialzato come la sagrestia voltata a crociera accessibile dall’abside della navata di sinistra” Secondo l’architetto Calvani, direttore dei lavori di restauro del 1959, la zona absidale sarebbe stata costruita sulle strutture di un precedente edificio, impropriamente chiamato cripta di San Giorgio, conservandone anche l’orientamento originario. “Le particolarità all’interno della chiesa sono molteplici: la particolare forma della planimetria è inusuale nelle chiese in stile romanico”. Le tre navate sono separate da robusti pilastri di pietra, uniti tra loro da archi a tutto sesto; elementi disposti secondo un ordine asimmetrico. Certamente consapevolmente e deliberatamente cercato e voluto, il cui motivo, però ci sfugge. Quando nell’ottobre del 2015, dopo numerosi rinvii per svariati motivi ed impedimenti, sono riuscito a visitare la chiesa di San Giorgio, assieme all’amico Gaetano Colella (uno dei curatori di questo sito, nonché membro del “Mistery Team”) e ad Mario Ziccardi (che ringrazio per averci fatto da guida in quella splendida domenica d’ottobre), sono rimasto davvero colpito dalla cifra iconografica dei vari bassorilievi, sia interni che esterni, dell’edifico sacro. E mi riprometto di dedicarmi quanto prima ad uno studio approfondito dei messaggi nascosti che certamente veicolano. Vi sono infatti “Fiori della Vita”, Nodi di Salomone cruciformi, trisceli, doppie spirali, esseri zoo ed antropomorfi, creature fantastiche e mostruose, come la sirena bicaudata o grifoni. E ancora, Adamo ed Eva assieme al Serpente tentatore, protome bovine, i pavoni che si abbeverano alla Coppa della Vita. In pratica la chiesa di San Giorgio si presenta come una sorta di summa dei simboli dell’arte romanica; vi ritroviamo tutto il repertorio che l’arte sacra dell’Alto Medio Evo attinse dai miti e dalla simbologia pagana. E tra tutti questi simboli non poteva mancare quello del Labirinto. Si trova sul primo pilastro a sinistra per chi entra dall’ingresso principale, quello su largo canonico Fede. “Tra i tanti simboli riconoscibili all’interno dell’edificio sacro, il labirinto è quello che è passato più inosservato: è inciso sulla prima colonna a sinistra ad una altezza di circa un metro e mezzo dal pavimento, ha dimensioni di circa quarantaquattro centimetri di larghezza e trentacinque centimetri di altezza” sottolinea Ziccardi. Ma il Labirinto di Petrella Tifernina non è come tutti gli altri esemplari sparsi in giro per l’Italia. Costituisce un vero e proprio unicum. Infatti, al momento è l’unico esemplare noto nel nostro Paese riconducibile alla tipologia chiamata “Caerdroia”. Con questo termine vengono indicati in Inghilterra, e soprattutto nel Galles, dei particolari labirinti unicursali spiraliformi, riconducibili comunque alla tipologia “classica” ma caratterizzati dal fatto che alcuni tratti dei corridoi sono rettilinei. Lo evidenzia anche Ziccardi “La particolarità più interessante è la parte inferiore rettilinea, caratteristica propria di questa tipologia di labirinto”. Ma che cosa significa “Caerdroia”? Il nome potrebbe derivare dal gaelico “Cairn”, “carn”. Termine con cui si indica un cumulo di pietre posto a ricordo di qualche evento o personaggio, e contiene la radice celtica “car” o “kar”, riferito a pietra. Da cui, come ho spiegato nel libro “Fino all’ultimo Labirinto”, “i nomi di regioni italiane ed europee, rocciose o con aspri rilievi, che hanno visto una presenza celtica o di popolazioni ad essa affini prima della conquista romana. Come il “Carso” (il brullo altipiano alle spalle di Trieste), “Karst” in tedesco, “Kras” in slavo; oppure “Carnia” (“Cjargne” in friulano, la regione montuosa del Friuli-Venezia Giulia) o ancora la regione austriaca della “Carinzia”, “Kärnten” in tedesco; o la “Carniola”, “Krain” in tedesco, il nome medievale dell’attuale Repubblica di Slovenia. Mentre “Droia” sarebbe semplicemente la corruzione, appunto, del nome “Troja”. Quindi “Città di pietra” o “con le mura di pietra”. E

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