Skip to content

San Giorgio Martire onlus

Nome dell'autore: Cinzia Tamburrello

Notizie

La chiesa San Giorgio martire proposta da Ansa-Viaggiart

Di Cinzia Tamburrello Torna a far parlare di sè Petrella Tifernina e il fascino misterioso del romanico racchiuso nello scrigno di bellezza, arte, storia cultura e spiritualità rappresentato dal monumento S. Giorgio martire, la chiesa che, come si legge nell’articolo di Stefania Passerella (http://www.ansa.it/canale_viaggiart/it/regione/molise/2019/02/12/san-giorgio-martire-gioiello-romanico_) potrebbe aver custodito la sindone. “Qualcuno potrebbe ricordarla perché è stata tra le bellezze scelte per rappresentare l’arte della regione Molise all’Expo 2015 di Milano, ma non tutti sanno che secondo la tradizione per un periodo potrebbe aver custodito al proprio interno la Sacra Sindone, affidata ai Templari”. L’articolo prosegue nella fedele sintesi della genesi storica ed architettonica, così come ricostruita e desunta dalle autorevoli fonti di studiosi che si sono dedicati allo studio della chiesa di San Giorgio martire : “fondata nel 1165, la chiesa di San Giorgio è stata consacrata nel 1211. Nel 1901 è stata dichiarata monumento nazionale. Si trova nella parte vecchia del paese, cuore di un “trittico” architettonico che comprende tre monumenti in uno: un tempio bizantino, uno longobardo e uno romanico”. Immancabile il riferimento al Crocifisso, scultura lignea che autorevoli storici dell’arte come il prof. C. Strinati, datano al XVI sec. “un mistero”, solo parzialmente svelato, è quello del crocifisso ligneo conservato nella chiesa, il cui valore storico e artistico è stato ignorato per secoli. La scultura conserva oltre dieci strati di policromia e in seguito all’intervento di Restauratori senza Frontiere è spuntato fuori che risale al Cinquecento. I restauratori hanno accertato con l’analisi al carbonio che il tronco di pioppo da cui è stata tratta l’immagine è stato tagliato intorno ai primi anni del XVI secolo”. Mentre la ricerca storica persegue il criterio scientifico della validazione delle ipotesi attraverso prove documentali, di difficile reperimento, la Passarella salvaguarda l’aspetto affascinante del mistero: “la suggestione maggiore però è quella legata ai Templari e alla Sacra Sindone, la reliquia più importante per il mondo cristiano. Dal 1578 la Sindone è conservata nel Duomo di Torino e dalla metà del XIV secolo se ne hanno testimonianze storiche certe. Ci sono però dei vuoti temporali che, secondo la tradizione, sono gli anni in cui la Sindone, custodita dai Templari, viene nascosta e compie un viaggio itinerante per arrivare in Europa. Il Molise, con la chiesa di San Giorgio a Petrella, potrebbe essere stata una tappa. Secondo studi, ancora in corso, indizi in questo senso si ritrovano in alcuni dettagli figurativi e decorativi sulle colonne e sul fonte battesimale della chiesa. Proprio quest’ultimo è in sé una chicca: è ricavato da un blocco monolitico e semisferico in pietra con un’apertura di circa un metro di diametro”. L’attenzione mediatica destinata, in maniera sempre più frequente, alla chiesa san Giorgio martire e del borgo medievale di Petrella Tifernina, non  affievolisce l’entusiasmo e contribuisce ad  innalzarne l’attrattività , al contempo continua l’impegno dell’ass. San giorgio martire onlus e del centro studi “Tiphernum” nel documentare e storicizzare il monumento e nel valorizzarlo con operazioni di marketing territoriale che la propongano come emergenza territoriale nelle more dell’accessibilità e della fruibilità turistica. In quest’ottica si riconferma la programmazione annuale che prevede, l’implementazione della proposta culturale basata sulle innovative tecnologie 3D, di tour virtuali, applicazioni di realtà aumentata, servizi  diffusi dal portale dell’associazione oltre e alle specifiche APP. Un’estensione progettuale  attraverso l’utilizzo di sistemi multimediali interattivi volti a valorizzare spazi espositivi, percorsi didattici immersivi e multisensoriali al fine di creare un’interazione  diretta con il visitatore e l’oggetto dell’esposizione. Le tecnologie dovrebbero contribuire a trasformare l’esperienze turistiche religiose ed artistiche in fruizioni dinamiche, coinvolgenti, emozionali ed altamente suggestive oltre che potenti strumenti di comunicazione, informazione, intrattenimento, edutainment. Superfici interattive, touchscreen, multi-touch, info points, sistemi audio/video, illuminotecnica speciale, teche virtuali, sistemi di interazione tra reale e virtuale, diffusori sonori e dissipatori di fragranze, piattaforme gestionali custom, sistemi di autodiagnostica , riproduzione di manufatti dalla scansione 3D. Il programma prevede inoltre una pubblicazione sulle fasi e i lavori di restauro del Crocifisso Ligneo,  un convegno a marzo  con la partecipazione dell’astrofisico prof. Gaspani sull’ allineamento astronomico della chiesa e un seminario di studio dell’Università di Ravenna sul significato teologico dei simboli scolpiti sui capitelli, previsto per la sessione estiva.  

Notizie

S. Antonio abate a Petrella

  Foto di Donato StellutoMolto diffuso nei comuni molisani il culto di San Antonio Abate ha lasciato anche a Petrella  tracce di antichissimo retaggio nelle forme di culto che eressero a San Lazzaro prima e a San Rocco nel 1600 una cappella situata fuori dalle mura della città, con annessa cappella dedicata a San Antonio abate, santo di cui si conserva la statua lignea. Gli studi di cui si riporta in seguito un saggio, stabiliscono una stretta relazione tra S. Antonio e la pratica della carità consistente nella virtù teologale del “Visitare gli ammalati” e anche di questa Petrella conserva nella toponomastica, il riferimento alla cura degli ammalati nella località che ancora oggi porta il nome di “Ospedaletto“.    L’Ordine Ospitaliero dei Canonici di S. Antonio Abate by Italia.Medievale • 10 Aprile 2009 • Stefano di Giovanni detto il Sassetta: S: Antonio Abate e S. Paolo Eremita, ca. 1440, National Gallery of Art, Washington di Nicola Barbatelli. Nella seconda meta’ del terzo secolo nasce in Egitto un poderoso movimento religioso-spirituale: l’ascetismo che a sua volta si ramifica e si sviluppa nelle sue varie forme di eremitismo, cenobismo e anacoretismo. Gli anacoreti vivevano in grotte o addirittura tombe; i cenobiti conducevano invece una vita solitaria e si adeguavano ad una regola di vita comune; gli eremiti a loro volta passavano il loro tempo in celle separate e periodicamente si riunivano per adempiere ad atti comuni di culto. Fin dai primi secoli del primo millennio il deserto egiziano si anima di uomini desiderosi di unirsi a Dio allontanandosi dalla confusione del mondo, dal vissuto quotidiano di una vita rumorosa e uniforme. La culla di questo grande movimento religioso fu la Tebaide, sita nel delta del Nilo pregna di antiche civiltà e culture. Nacque in questo periodo il monachesimo orientale le cui gesta eroiche vengono anche romanzate attraverso vite di monaci illustri descritte talvolta con tinte di fantasia ma pur sempre su base veritiera e con l’intento di offrire un esempio da imitare nella ricerca della perfezione cristiana. La “Vita Antonii” anche se precedute da opere considerate minori, è scritta da S. Atanasio, vescovo di Alessandria, intorno al 356 e 362, subito dopo la morte del Santo, mentre si trovava esule nella Tebaide per tentare di sfuggire alla terribile persecuzione dei seguaci di Ario, detrattore della divinità di Cristo. Sant’ Antonio nacque a Comana (keman) nel 251 da genitori cristiani molto facoltosi, trascorrendo l’infanzia tra le mura domestiche e lontano dagli svaghi.Appena diciottenne rimane orfano dei genitori insieme ad una sorella minore ed un ricco patrimonio da curare ed amministrare. Un giorno recatosi in chiesa apprese dalla voce del presbiterio le parole di Cristo: “Se vuoi essere perfetto, va’, vendi ciò che hai, dallo ai poveri e avrai un tesoro nel cielo, poi vieni e seguimi”. Antonio a quel punto decise di devolvere tutti i suoi beni ai poveri, donando il denaro agli indigenti, affidando la sorella minore ad una comunità di vergini.Inizio a trascorrere una vita da asceta soggiornando in luoghi solitari lontano dalla sua citta’ (quanto ha fatto Gesu’ ritirandosi quaranta giorni nel deserto prima della sua vita apostolica e quanto ha fatto S. Paolo dalla caduta sulla via Damasco per due anni prima della sua evangelizzazione apostolica), lavorando per procurare il cibo per se e per gli altri, guadagnandosi l’appellativo di Teofilo, cioe amico di Dio. Si diffonde ovunque la sua fama di Taumaturgo, riuscendo ad affascinare folle di uomini, tanto da indurre molti a seguire il suo esempio nella solitudine del deserto. Sant’Antonio Abate si spense il 17 Gennaio del 356 a ben 105 anni sepolto dagli stessi discepoli in un luogo occulto della Tebaide, sua terra. Affreschi del Monastero di Sant’Antonio abate in Egitto Per circa un secolo il sepolcro restera’ nascosto ed ignorato fino al quarto secolo, allorquando viene scoperto ed i resti mortali vengono trasferiti ad Alessandria d’Egitto per essere posti in un sarcofago della Chiesa di San Giovanni Battista sino al settimo secolo, quando per invasione dei Saraceni vennero trasferiti a Costantinopoli.Per opera di un certo Jacelin de Catheau Neuf le spoglie di Sant’Antonio abate vennero trafugate e trasportate da Costantinopoli in Francia nella regione del Delfinato intorno al primo millennio dell’era cristiana. In questo luogo la spoglie del Santo vennero venerate dai fedeli per alcuni anni sino alla costruzione, nel 1070, di un mausoleo edificato da Giugue di Didier nel villaggio di La Motte sito nella citta’ di Vienne. Il tempio, consacrato dall’arcivesco Guy di Vienne, nacque dalla necessita’ di accogliere degnamente le spoglie del Santo eremita e ricevere i migliaia di pellegrini e malati. Successivamente Papa Urbano II nel 1088, avvertendo la necessita’ di affidare il tempio ad una giuda religiosa, concesse ai monaci benedettini di Montemaggiore di Arles in Provenza, la gestione delle reliquie del Santo sottraendole pertanto ai fedeli laici. Mentre le anime e lo spirito dei malati e dei fedeli trovavano nei benedettini una guida solida e costante, il loro corpi per lo piu’ laceri ed affamati, giacevano sotto l’inclemenza delle intemperie lungo le terre circostanti la chiesa. Tale visione sconvolse emotivamente un nobile di Vienne tale Gaston, il quale dopo aver visto miracolosamente guarire suo figlio Grin dal male degli ardenti, decise unitamente ad altri nobili del Delfinato, di istituire un Ordine ed edificare un Ospitale nei pressi della chiesa di San’Antonio di Viennois [….] Icona raffigurante S. Antonio abate Tornando all’Ordine (o Confraternita) degli Antoniani, sappiamo che venne approvato nel 1095 da Papa Urbano II durante il Concilio di Clermont e successivamente confermato come Ordine Ospitaliero da Papa Onorio III nel 1218 il quale aggiunse la possibilita’ agli stessi membri di poter pronunciare i tre voti della religione. Inizialmente l’Ordine dovette necessariamente adeguarsi alla Regula dei canonici regulari che obbligava i voti di poverta’,obbedienza e castita’, anche se non si puo’ escludere la possibilita’ che vi siano stati agganci con la Regola dei benedettini di Montemaggiore ai quali dipendevano. L’Ordine crebbe in maniera esponenziale tra il XII ed il XIII sec. fondando ospitali e commanderie ovunque spingendo i monaci antoniani oltremare sino alla Terrasanta […..]

Notizie

Il battesimo di Gesù nel Giordano e l’adorazione dei Magi tempo di epi-fania

di Cinzia Tamburrello Il battesimo di Gesù è la manifestazione di Gesù in quanto Figlio di Dio e Figlio dell’uomo, come  fa meditare la liturgia: “Quando colui che aveva dato vita all’universo decise con un’opera veramente mirabile, di ricapitolare in Cristo tutte le cose e volle ricondurre la natura dell’uomo alla sua condizione primitiva di dignità, rivelò che gli avrebbe concesso in seguito, tra gli altri doni, anche lo Spirito Santo; non era infatti possibile che l’uomo tornasse altrimenti ad un possesso duraturo dei beni ricevuti. Stabilisce dunque Dio il tempo della discesa in noi dello Spirito ed è il tempo della venuta del Cristo, che egli ci annunzia dicendo: «In quei giorni», cioè nel tempo del Salvatore nostro, «Io effonderò il mio Spirito su ogni creatura» (cfr. Gl 3, 1). Cristo ricevette lo Spirito in quanto uomo ed in quanto era conveniente per un uomo il riceverlo. Il Figlio di Dio, che fu generato dal Padre rimanendo a lui consustanziale, e che esiste prima della sua nascita umana, anzi assolutamente prima del tempo, non si ritiene offeso che il Padre, dopo la sua nascita nella natura umana, gli dica: «Tu sei mio figlio, oggi ti ho generato» (Sal 2, 7). Dal «Commento su san Giovanni» di san Cirillo d’Alessandria, vescovo Lib. 5, cap. 2; PG 73, 751-754 L’effusione dello Spirito Santo su tutti gli uomini ). Le espressioni liturgiche ed artistiche si incaricano di” mostrare agli uomini la bellezza della memoria, la forza che ci viene dallo Spirito e che ci rende testimoni perché siamo figli di testimoni; far gustare loro le cose stupende che lo Spirito ha disseminato nella storia; mostrare che è proprio la Tradizione a conservarle dando quindi speranza a coloro che, pur non avendo veduto i loro sforzi di bene coronati da successo, sanno che qualcun altro li porterà a compimento, allora l’uomo si sentirà meno solo, meno rinchiuso nell’angolo angusto del proprio operato individuale ( https://w2.vatican.va/content/john…/hf_jp-ii_apl_19950502_orientale-lumen.html )”. Sulle tracce artistiche e liturgiche del  battesimo l’apparato architettonico ed iconografico della chiesa S. Giorgio martire, ci riportano molto indietro nel tempo; “ancora sulla sinistra entrando l’imponente fonte battesimale (in realtà la collocazione attuale lo situa sulla destra in prossimità dell’altare) «che ricorda così da vicino nella sua forma primitiva il fonte battesimale del 1134 proveniente dal celebre monastero di San Salvatore dei Greci conservato nel Museo nazionale di Messina (n. 1704)» (C.Di Paola, Petrella Tifernina nella storia e nell’arte Urbania 1950 p.46). Dall’atrio al santuario il fedele deve percorrere la via della salvezza; il portale predispone al passaggio da una realtà quella terrena ed umana a quella sacra e trascendente, , la navata risuona la parola di Dio e il fonte battesimale, in stretta relazione con l’acquasantiera consente la purificazione necessaria per accostarsi al Sancta Sanctorum, centrato sull’altare e circoscritto dal cancello” ( Cinzia Tamburrello La Chiesa “grecanica” di San Giorgio a Petrella Tifernina (CB) Storicizzazione, architettura, tipicità del culto e ritualità liturgiche nel medioevo pp 64-65). “L’attuale posizionamento (nei pressi della balaustra che circonda l’altare, sul lato destro della stessa per chi guarda) del primo di essi (una grande vasca ricavata da un unico blocco di pietra), più che certamente, non è quello originario. Anche se prima di tale posizione il fonte battesimale era situato appena dopo l’ingresso del portale principale della chiesa, sembra probabile che “non è senza  ragione che logicamente esso avrebbe potuto essere stato posto davanti alla porta”; questo, al più tardi, prima del IX-X secolo. Del resto, si sa per certo che il fonte battesimale, relativamente agli edifici cristiani di culto, “venne posto in un primo momento all’esterno, davanti la porta; poi nell’atrio, e infine all’interno, vicino all’entrata”. Di quest’ultima sistemazione rimane traccia nel posizionamento delle acquasantiere, nelle quali si intinge prima di segnarsi non appena entrati nel tempio sacro. In effetti, “la piccola abluzione che noi facciamo entrando nella chiesa non ha alcun valore se non perché ricorda e riattualizza in un certo qual modo il nostro battesimo”. E tanto la forma, arcaica ed assai semplice ma solenne (così che se ne potrebbe ipotizzare anche un suo ‘reimpiego’ nella struttura attuale), del fonte battesimale pre-romanico (e, probabilmente, assai più antico della stessa chiesa attuale) di Petrella quanto il fatto che esso lascerebbe pensare ad una sua destinazione alla tipologia del battesimo per immersione, che, mentre a Roma cade in disuso nel corso del IX secolo, è documentato essere stato più persistente nella tradizione orientale e bizantina, oltre che nello specifico di quella autoctona ‘grecanica’beneventana. Francesco BOZZA, Petrella Tifernina e la Chiesa di San Giorgio: rilettura storica, http://www.sangiorgiomartireonlus.com, 2018 pp 30-31).

Notizie

I magi come i pellegrini medievali sulla scia di una “stella di luce”

di Cinzia Tamburrello Il fiore della vita scolpito in uno dei capitelli a destra (entrando) della chiesa S. Giorgio Martire a Petrella Tifernina, trova un corrispettivo tanto distante quanto interessante lungo la via Matildica del Volto Santo, un cammino alla scoperta dei territori di Matilde di Canossa, lungo 284 chilometri che attraversa in 11 tappe (con 3 varianti) il territorio di 3 regioni italiane (Lombardia, Emilia, Toscana), da Mantova a Lucca passando per Reggio Emilia.  Ancora una traccia della collocazione della chiesa di S. Giorgio martire lungo le direttrici delle vie che portavano in Terra Santa, naturalmente riferite alla via Francigena, che oggi si sviluppa lungo la direttrice di più regioni, il Lazio, la Toscana, l’Emilia Romangna, la Ligura, il Piemonte. Tale ipotesi trova un interessante documentazione nel testo del prof. Francesco BOZZA, “Petrella Tifernina e la Chiesa di San Giorgio: rilettura storica” (http://www.sangiorgiomartireonlus.com, 2018 pp. 32,33)  “la lettura interpretativa di un fascio di documenti databili, e datati, al secondo decennio del XIV secolo ha recentemente fatto emergere che Petrella, con la sua chiesa di San Giorgio, si trovava posizionato proprio ai margini di un percorso viario, che, proveniente da Civitanova e Frosolone (dove un tratto viene indicato “via francisca”), dopo aver attraversato, sotto Limosano, l’antico ponte sul Biferno, risaliva verso Petrella, per proseguire nella direzione di Ripabottoni e giungere, infine e dopo aver toccato Dragonara e Fiorentino (insediamenti nei quali vi sono elementi, come una porta di accesso ad una delle due civitas, che sono ugualmente collegati ad una “via francigena”), sia al santuario del Gargano e sia verso i porti pugliesi. E, del resto, solamente una posizione al margine di un’arteria stradale di rilievo potrebbe giustificare un edificio di culto così importante nella piccola Petrella.  Di rilievo tale che, oltre alle possibilità della frequentazione di pellegrinaggi, viene percorsa, certamente dopo il 10 giugno 1053 (ma, in precedenza, più di un’altra volta)data in cui tenne un placito “loco Sale, iuxta Bifernum fluvium” anche da papa Leone IX, quando, “cum contra Apulie fines pergens” (Chronicon Vulturnense), era diretto a Civitate per lo scontro con i Normanni del successivo 18 di giugno. L’ Arch. Erika Villamagna:“Homo Viator – Dagli antichi tracciati alle strade di San Giorgio”, nel ricostruire la viabilità della media–valle del Biferno, stabiliva una correlazione tra la collocazione lungo la vie di pellegrinaggio e determinati simboli da lei documentati; “abbiamo infatti la scritta “Christus nobiscum state”, inciso sulla colonna a destra della porta Nord, sulla terza pietra da terra, considerata una preghiera per la protezione della città dai terremoti e dalle calamità naturali. Scritta incisa sulla colonna a destra della porta Nord, sulla terza pietra da terra Inoltre le pietre crucisegnate che hanno la funzione di evidenziare l’arrivo in un luogo eminente. Posizionate sulle porte della città, segnano ai pellegrini l’arrivo nel luogo della purificazione. Incisioni sulla colonna a destra della porta Nord, sulla seconda pietra da terra, nella parte interna. Primo tra tutti il labirinto, inciso sulla prima colonna a sinistra ad una quota di circa un metro e mezzo dal pavimento, ha dimensioni di circa quarantaquattro centimetri di larghezza e trentacinque di altezza. Ha 11 corridoi, ed è la rappresentazione allegorica di una grande città dalle possenti mura. Abbiamo poi, inciso sulla stessa colonna, ad un’altezza maggiore, un graffito raffigurante due pavoni ed un pesce. I primi due animali, che aprendo la coda mostrano i 100 occhi di Dio, sono il simbolo dell’immortalità. Il pesce, invece, “ichthus” in greco, corrisponde alle iniziali di “Iesous Christos Theou Uios Soter”, ossia Gesù Cristo Figlio di Dio Salvatore” (http://www.sangiorgiomartireonlus.com/ambiti/studi-storici-e-culturali/tesi/pp 33,34,35). Già la comparazione del labirinto con altri come quello della chiesa di S. Pietro a Pontremoli, risultava essere una prova provata della collocazione della Chiesa San Giorgio martire sulle vie di pellegrinaggio, caso mai rappresentando una meta santuariale di notevole importanza: la presenza del labirinto, nelle chiese che costeggiavano la via Francigena, indica la via salutis (via della salute) il percorso iniziatico che conduce dalla soglia del tempio fino all’altare; si entra nel mistero del tempio e appena entrato il pellegrino si sente dentro il ventre di un’arca (non a caso la leggenda di Giona viene paragonata all’episodio dell’arca di Noè) che naviga sulle acque di questo mondo, ma in un altro tempo. A questo punto un altro simbolo, quello del fiore della vita sembra fornire un altro indizio interessante; una “rosa della vita” scolpita nel vivo della rocca rinvenuta dal CAI di Reggio Emilia nella stretta dell’Amarotto come riportato nell’articolo: “I simboli dei pellegrini medievali scoperti sulle rocce della torre dell’Amarotto” (agenzia redacon 31 agosto 2018https://www.redacon.it/2018/08/31/i-simboli-dei-pellegrini-medievali-scoperti-sulle-rocce-della-torre-dellamorotto). Sul piano simbolico il fiore della vita è l’icona della “via maestra”, interpretata come la “stella di luce ” che indicava ai pellegrini il  percorso per giungere alla “Salvezza”: accanto al fiore della vita vengono portati alla luce altri segni riconducibili  all’epopea dei grandi itinerari di pellegrinaggio medievale, incisioni situate a pochi metri dal tracciato della Via Matildica del Volto Santo, la quale individua diverse località tra le quali Pontremoli, la cittadina già citata .  stretta dell’Amorotto percorso dalla Via Matildica del Volto Santo La “rosa della vita” scoperta dagli esperti del CAI a lato della Via Matildica Icona del Sacro Monte, direttamente riconducibile all’epopea dei pellegrinaggi medievali. Tra le incisioni documentate dal  Comitato Scientifico CAI, le piu’ suggestive sono quelle che raffigurano il “sacro monte”  classiche icone figurative dei pellegrinaggi di Fede medievali, ampiamente diffuso come simbolo di vita e di luce . Il complesso incisorio della Torre dell’Amorotto costituisce quindi una delle piu’ importanti scoperte reggiane di testimonianze direttamente riconducibili all’affascinante scenario dei pellegrinaggi medievali che nel nostro appennino aveva quindi una insospettata importanza.  Dal nostro punto vista, il materiale fotografico e testuale tratto dall’articolo “I simboli dei pellegrini medievali scoperti sulle rocce della torre dell’Amarotto” , rappresentano una chiara allusione al simbolo del fiore della vita e alle rappresentazioni del Sacro Monte documentate da Erica Villamagna, interessante parallelismo che contribuisce a sottrarre la chiesa S. Giorgio martire, dal nimbo della dimenticanza per elevarne la grandezza a luogo di riferimento di fede e spiritualità.

Notizie

La Pasquetta di Petrella riproposta dai Recùcce

Riproposto a Petrella Tifernina il canto della “Pasquetta” dal gruppo di musica popolare Recùcce; la manifestazione si svolgerà sul sagrato della chiesa S. Giorgio martire, dove dalle ore 19,30 si festeggerà in attesa dei Re Magi, storica rievocazione che,nel segno della trasmissione della fede ai bambini, da molti anni riempie di magia e di sogni la notte della vigilia dell’epifania. La manifestazione di questa sera, alla quale tutti sono  invitati a partecipare muniti di strumenti musicali e soprattutto di un’ottima dose di giovialità, ripristina un filo diretto con la tradizione dei nonni, i quali nella notte del 5 gennaio lo intonavano recandosi di casa in casa, per salutare le festività natalizie ed inaugurare il nuovo anno liturgico. Il canto della “Pasquetta” che molto poco ha a che vedere con la Pasqua, si riferisce indirettamente ad essa essendo  legato all’Epifania come giorno in cui la chiesa proclama solennemente l’annuncio della Pasqua e delle solennità da  essa discendenti. Il canto un mix di tradizione religiosa e pagana, coronava le festività natalizie con un ulteriore momento di festa e di socializzazione; non a caso era comunque funzionale a rinsaldare i vincoli di amicizie, dichiarare i primi amori, onorare frequentazioni già consolidate, e soprattutto fare festa. Elementi che denotano la salubrità e la capacità di aggregazione di un popolo, secondo l’assunto ribadito più volte anche dal vescovo S.E. Mons. Bregantini ” un popolo che non fa festa è un popolo sconfitto”. La risultante sono le vivaci strofe in cui all’apparizione del Signore si legano scena di cordialità ed accoglienza con tutti gli ingredienti delle tavole imbandite dei tempi andati, unite alla calorosa accoglienza tipica e profondamente radicata negli usi e costumi petrellesi e molisani, spaccati fedelissimi di scene di vita. Nell’era della globalizzazione e dell’ homo ciberneticus dove le piazze, le relazioni e i comportamenti sono sempre più  virtuali e condizionate da logaritmi, il recupero delle tradizioni risulta essere quanto di più prezioso e funzionale al tessuto sociale, nel segno dell’autenticità di una vita vissuta ed assaporata alla stregua della genuina quotidianità .  

Notizie

Nel segno di S. Giorgio le testimonianze della fede

di Cinzia Tamburrello “Dono dei cittadini di Petrella Tifernina” è la dedica riportata nella parte inferiore dell’immagine di San Giorgio (fig. a destra) raffigurata nel meraviglioso mosaico (fig. a sinistra) di una vetrata dell’omonima chiesa di una cittadina newyorkese. Il culto a S.Giorgio ha attraversato i secoli e le nazioni, essendo il cavaliere emblema della fede nell’accezione del combattimento del credente “la nostra battaglia infatti non è contro la carne e il sangue, ma contro i Principati e le Potenze, contro i dominatori di questo mondo tenebroso, contro gli spiriti del male che abitano nelle regioni celesti” (Ef. 6,12), e del difensor fidei “le porte degli inferi non prevarranno di essa (la chiesa)” (Mt. 16,18). A Petrella la più antica rappresentazione di San Giorgio, il megalomartire, al quale è consacrata la chiesa, si trova in una formella posta sulla facciata laterale, esposta a sud sulla destra della porta d’ingresso. La posizione che attualmente può sembrare a latere, probabilmente è stata nella mente del costruttore dell’epoca, di particolare evidenza se si sgombra il campo da tutte le abitazioni posticce che attualmente occupano il sito, adombrandola. La raffigurazione presenta il santo nella foggia di un cavaliere bizantino che brandisce col braccio sinistro le redini del cavallo e con l’altro la lancia, nell’atto di colpire il drago – serpente il quale, fauci spalancate, giace ai piedi del cavallo rampante, la cui postura è in movimento e in assetto di attacco. La devozione a S. Giorgio, ampiamente diffusa in alcuni comuni molisani: Campobasso, Mirabello Sannitico, Scapoli, Tavenna, Chiauci e Montecilfone, ha origini bizantine e risale al V VI sec. In epoca successiva grande impulso alla diffusione del culto a S. Giorgio, sembra che sia da attribuire ad Alezco gastaldo di Bojano nel 700, mentre dal punto di vista locale, sembra di più immediata evidenza far risalire l’introduzione a Zottone , che al tempo della dominazione longobarda si distingue come signore di Petrella  rimanendo in carica dal 571 al 591, anno in cui a lui subentrò Arechi. La figura del duca, carismatica e accentratrice sia sul piano politico che religioso, è avvolta nel mistero tanto che Paolo Diacono documenta solamente che i signori di Petrella «preferivano vivere in un castello di una costruzione edificato nelle vicinanze di Petrella e successivamente denominato: Rocca Petrella ». Per la sua diffusione del culto di S.Giorgio, si parlerebbe di vera e propria globalizzazione nonchè di linguaggi universali dell’arte e delle sue espressioni; per le innumerevoli rappresentazioni iconografiche si rimanda alla tesi Arch. Elena Desco dal titolo “San Giorgio – Iconografia, simbologia e diffusione del culto” al link: https://docs.google.com/gview?url=www.sangiorgiomartireonlus.com/wp-content/uploads/2018/03/tesi-san-giorgio-2.pdf. In questa sede,  volendo continuare un filone di attualizzazione dei temi e dei simboli della nostra tradizione religiosa, si cita l’importante scoperta avvenuta qualche settimana fa nella chiesa di San Giorgio a Schenectady-New York le cui vetrate raffiguranti il cavaliere portano la firma della comunità petrellese a New York . Il dono risale molto probabilmente al 1920 e rappresenta una traccia documentale importantissima della presenza piuttosto consistente della comunità petrellese a New York e dei legami con la terra d’origine mantenuti integri e tramandati fedelmente in una delle realtà più cosmopolite e multietniche . Traccia documentale dei flussi migratori che ovviamente hanno riguardato anche la famosa e affascinante città statunitense, le vetrate sono una testimonianza del lungo e talvolta faticoso,  processo di integrazione che i nostri padri hanno affrontato all’estero, in terre lontane e sconosciute dove sono approdati inseguendo il miraggio “di trovare  strade  lastricate d’oro e al contrario non abbiamo trovato neppure le strade, diventando noi stessi costruttori di strade” come racconta la commovente affermazione di uno dei protagonisti di quella storia. Fenomeno migratorio che Antonio Di Lallo descrive così “Petrella che come abbiamo visto è sempre appartenuta al Contado di Molise, con l’unificazione dell’Italia si inserisce nel quadro nazionale partecipando, limitatamente alle sue possibilità a tutte le vicende della Patria. La sovrappopolazione della campagna, la decadenza della pastorizia, la inappagata fame di terra del contadino, l’aumentata pressione tributaria non bilanciata dall’esiguità dei salari, la condizione di emarginazione e di precarietà, dettano il doloroso fenomeno dell’emigrazione, che affacciatosi in sordina intorno al 1870, assume proporzioni di un vero e proprio esodo a partire dal 1880. Nel periodo 1881-1899 all’incirca novecento petrellesi abbandonano la loro terra! Il flusso migratorio si dirige in particolar modo verso gli Stati Uniti (New York) con frange in Argentina; totalmente ignorati i Paesi Europei” (tratto dal testo di ANTONIO DI LALLO d.O., Petrella Tifernina: di tutto un po’…attraverso le parole e le immagini, Editrice Lampo, Campobasso 1985). Nel trascorrere delle vicende storiche e dei fenomeni socio-economici, ancora una volta i simboli della fede sono scrigno di tutta l’identità di un  popolo, che nel loro segno si rinnova e si rafforza anche a chilometri di distanza, un senso di appartenenza che perdura e sopravvive sulla base proprio di quei simboli e di quelle credenze che rimangono vive nel cuore e nella memoria.  

Torna in alto