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San Giorgio Martire onlus

liturgia

Notizie

Il battesimo di Gesù nel Giordano e l’adorazione dei Magi tempo di epi-fania

di Cinzia Tamburrello Il battesimo di Gesù è la manifestazione di Gesù in quanto Figlio di Dio e Figlio dell’uomo, come  fa meditare la liturgia: “Quando colui che aveva dato vita all’universo decise con un’opera veramente mirabile, di ricapitolare in Cristo tutte le cose e volle ricondurre la natura dell’uomo alla sua condizione primitiva di dignità, rivelò che gli avrebbe concesso in seguito, tra gli altri doni, anche lo Spirito Santo; non era infatti possibile che l’uomo tornasse altrimenti ad un possesso duraturo dei beni ricevuti. Stabilisce dunque Dio il tempo della discesa in noi dello Spirito ed è il tempo della venuta del Cristo, che egli ci annunzia dicendo: «In quei giorni», cioè nel tempo del Salvatore nostro, «Io effonderò il mio Spirito su ogni creatura» (cfr. Gl 3, 1). Cristo ricevette lo Spirito in quanto uomo ed in quanto era conveniente per un uomo il riceverlo. Il Figlio di Dio, che fu generato dal Padre rimanendo a lui consustanziale, e che esiste prima della sua nascita umana, anzi assolutamente prima del tempo, non si ritiene offeso che il Padre, dopo la sua nascita nella natura umana, gli dica: «Tu sei mio figlio, oggi ti ho generato» (Sal 2, 7). Dal «Commento su san Giovanni» di san Cirillo d’Alessandria, vescovo Lib. 5, cap. 2; PG 73, 751-754 L’effusione dello Spirito Santo su tutti gli uomini ). Le espressioni liturgiche ed artistiche si incaricano di” mostrare agli uomini la bellezza della memoria, la forza che ci viene dallo Spirito e che ci rende testimoni perché siamo figli di testimoni; far gustare loro le cose stupende che lo Spirito ha disseminato nella storia; mostrare che è proprio la Tradizione a conservarle dando quindi speranza a coloro che, pur non avendo veduto i loro sforzi di bene coronati da successo, sanno che qualcun altro li porterà a compimento, allora l’uomo si sentirà meno solo, meno rinchiuso nell’angolo angusto del proprio operato individuale ( https://w2.vatican.va/content/john…/hf_jp-ii_apl_19950502_orientale-lumen.html )”. Sulle tracce artistiche e liturgiche del  battesimo l’apparato architettonico ed iconografico della chiesa S. Giorgio martire, ci riportano molto indietro nel tempo; “ancora sulla sinistra entrando l’imponente fonte battesimale (in realtà la collocazione attuale lo situa sulla destra in prossimità dell’altare) «che ricorda così da vicino nella sua forma primitiva il fonte battesimale del 1134 proveniente dal celebre monastero di San Salvatore dei Greci conservato nel Museo nazionale di Messina (n. 1704)» (C.Di Paola, Petrella Tifernina nella storia e nell’arte Urbania 1950 p.46). Dall’atrio al santuario il fedele deve percorrere la via della salvezza; il portale predispone al passaggio da una realtà quella terrena ed umana a quella sacra e trascendente, , la navata risuona la parola di Dio e il fonte battesimale, in stretta relazione con l’acquasantiera consente la purificazione necessaria per accostarsi al Sancta Sanctorum, centrato sull’altare e circoscritto dal cancello” ( Cinzia Tamburrello La Chiesa “grecanica” di San Giorgio a Petrella Tifernina (CB) Storicizzazione, architettura, tipicità del culto e ritualità liturgiche nel medioevo pp 64-65). “L’attuale posizionamento (nei pressi della balaustra che circonda l’altare, sul lato destro della stessa per chi guarda) del primo di essi (una grande vasca ricavata da un unico blocco di pietra), più che certamente, non è quello originario. Anche se prima di tale posizione il fonte battesimale era situato appena dopo l’ingresso del portale principale della chiesa, sembra probabile che “non è senza  ragione che logicamente esso avrebbe potuto essere stato posto davanti alla porta”; questo, al più tardi, prima del IX-X secolo. Del resto, si sa per certo che il fonte battesimale, relativamente agli edifici cristiani di culto, “venne posto in un primo momento all’esterno, davanti la porta; poi nell’atrio, e infine all’interno, vicino all’entrata”. Di quest’ultima sistemazione rimane traccia nel posizionamento delle acquasantiere, nelle quali si intinge prima di segnarsi non appena entrati nel tempio sacro. In effetti, “la piccola abluzione che noi facciamo entrando nella chiesa non ha alcun valore se non perché ricorda e riattualizza in un certo qual modo il nostro battesimo”. E tanto la forma, arcaica ed assai semplice ma solenne (così che se ne potrebbe ipotizzare anche un suo ‘reimpiego’ nella struttura attuale), del fonte battesimale pre-romanico (e, probabilmente, assai più antico della stessa chiesa attuale) di Petrella quanto il fatto che esso lascerebbe pensare ad una sua destinazione alla tipologia del battesimo per immersione, che, mentre a Roma cade in disuso nel corso del IX secolo, è documentato essere stato più persistente nella tradizione orientale e bizantina, oltre che nello specifico di quella autoctona ‘grecanica’beneventana. Francesco BOZZA, Petrella Tifernina e la Chiesa di San Giorgio: rilettura storica, http://www.sangiorgiomartireonlus.com, 2018 pp 30-31).

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MARIA icona dell’ attesa tra storia ed attualità

di Cinzia Tamburrello   “È lì presente una Vergine e madre: non di uno qualunque, ma di Dio”sono le parole di Ambrogio Autperto in uno dei sermoni dedicati a Maria. Eletto abate nel 777, Autperto è considerato il “primo dei grandi mariologi” della cristianità occidentale (Benedetto XVI, Udienza Generale 22 APRILE 2009). La mariologia occidentale dell’abate volturnense si  è incontrata con la tradizione liturgica orientale in un omaggio ecumenico alla Virgo et Mater del 1 dicembre. Il concerto del coro “Russia cristiana” ha dato  inizio al tempo di Avvento presso la storica abbazia di San Vincenzo al Volturno, con l’Esaltazione di Maria,  che con il suo sì incondizionato, partecipa in maniera intima e materna alla vicenda storica di Gesù. Ancora una volta sorprende la vision dell’associazione San Giorgio martire onlus e del centro Studi Tiphernum che, perfettamente in linea con questa sensibilità storica cultura e spirituale, ha riproposto dal  2016 nella monumentale chiesa di San Giorgio martire l’antica festa dell’expectatio partus, percorso di fede ed arte tra passato e presente tra storia e spiritualità. Il tentativo è quello di risalire alle fonti storiche per il recupero di pratiche liturgiche che Kelly autorevole studioso della liturgia beneventana ritenne così pregiate da paragonarle a  perle. Voluta dai Padri del Concilio di Toledo nel 656 e denominata Expectatio partus Beatae Mariae Virginis. “La festa della Madre – affermarono i Padri, non è nient’altro che l’Incarnazione del Verbo”. In seguito, la celebrazione prese il nome di “Festa di Nostra Signora della O”, si celebrava solennemente di buon mattino e vi partecipavano tutte le donne in attesa di un figlio per venerare la divina maternità di Maria e implorare da Lei soccorso nel momento del parto. In effetti, si trattava di una vera e propria festa della vita nascente. L’Avvento, per la Vergine Madre, fu singolare e privilegiato tempo di grazia, perché, come canta il Prefazio, fu Lei che “attese e portò in grembo con ineffabile amore” quel Figlio di Dio che è per noi Dono, Grazia, Salvezza. Da un’antica omelia risalente al 795 del vescovo Davide a PAPA FRANCESCO (Meditazione Mattutina nella cappella della Domus Sanctae Marthae Come in attesa del parto Lunedì, 23 dicembre 2013) contempliamo il mistero dell’attesa“A Natale si vivono le «percezioni interiori al femminile» proprie dell’«attesa di un parto». Un atteggiamento spirituale che prevede uno stile di «apertura»: per questo non si deve mai mettere sulla porta della nostra anima «un cartellino educato» con la scritta: «Si prega di non disturbare». La Chiesa fa questo, ha spiegato il Santo Padre, perché «è in attesa di un parto». Infatti «anche la Chiesa, in questa settimana, è come Maria: in attesa del parto». Nel suo cuore la Vergine «sentiva quello che sentono tutte le donne in quel tempo» così particolare: quelle «percezioni interiori nel suo corpo e nella sua anima» dalle quali comprende che il figlio sta ormai per nascere. E «nel suo cuore diceva sicuramente» al bambino che portava in grembo: «Vieni, voglio guardarti la faccia perché mi hanno detto che tu sarai grande!». È un’esperienza spirituale che viviamo anche «noi, come Chiesa», perché «accompagniamo la Madonna in questo cammino di attesa». E «vogliamo affrettare questa nascita del Signore». Questo è il motivo della preghiera: «Vieni, o chiave di Davide, o sole, o saggezza, o Emmanuel. Vieni!». Un’invocazione riecheggiata anche dagli ultimi versetti della Bibbia quando, alla fine del libro dell’Apocalisse, la Chiesa ripete: «Vieni, Signore Gesù». E lo fa con «quella parola aramaica — maranathà — che può significare un desiderio o anche una sicurezza: il Signore viene».

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