San Giorgio Martire onlus

Il Crocifisso morente risorgente di Petrella Tifernina

di Cinzia Tamburrello

Il Crocifisso ligneo custodito nella chiesa S. Giorgio martire a Petrella Tifernina, e restituito al suo valore artistico nel 2017  dai Restauratori senza frontiere, rappresenta una traccia della bellezza come tante, ravvisabili negli antichi manufatti e monumenti ai quali è affidato il compito di documentare la storia. Se gli storici dell’arte ne cercano la datazione e l’autore, a partire dalla scultura lignea molisana, gli studiosi di arte sacra come il sacerdote don Nicola Mattia ci restituiscono attraverso una lettura iconologia puntuale  la chiara intenzionalità comunicativa,  la quale renderebbe il manufatto una fedele trascrizione della sacra scrittura. In una fredda ma soleggiata mattina di primavera una telefonata mi annunciava la visita di don Nicola Mattia presso la chiesa S. Giorgio martire. Arrivata in chiesa la lettura iconologica era appena terminata, ma giusto il tempo di trovare la base dell’antico canto “Ave Verum” che  Don Nicola Mattia, con gli occhi scintillanti e vividi ricominciava ad esaltare la bellezza delle fattezze del Crocifisso ligneo di Petrella Tifernina, ed il suo grande valore catechetico.  Così l’ondulazione dei capelli  alludendo a fiumi  rimanderebbe, iconograficamente alle esperienze di schiavitù del popolo della Prima Alleanza: la schiavitù dell’Egitto con la celebrazione della prima Pasqua e, in modo più evidente la schiavitù babilonese vissuta tra i fiumi Tigri ed Eufrate. Illuminato il mistero della Croce di Cristo mistero della salvezza che  libera da ogni schiavitù, è mancata la numerologia: i capelli e la barba del crocifisso constano di otto estremità, il numero della Pasqua, del Giorno dopo il Sabato ( Mt 28,1) e mettono in risalto il Volto del Cristo, elemento iconografico fondamentale nella Bibbia tanto che il salmo 27 ci fa invocare: “Il tuo Volto, Signore io cerco…”, e in Ap 22,4 coloro che abiteranno la Città Santa “vedranno il suo Volto”. Volto sofferente ma sereno quello del Crocifisso di Petrella, che ha una silenziosa eloquenza e che può solo affascinare; l’ampiezza della fronte, ripete l’iconografia del vero sacerdote, Cristo, il quale a compimento del simbolo di Aronne porta sulla fronte scritto “Sacro al Signore”; “Starà sulla fronte di Aronne; Aronne porterà il carico delle colpe che potranno commettere gli Israeliti … Aronne la porterà sempre sulla fronte, per attirare su di loro il favore del Signore” (Es 28,38). Sembrava non avere dubbi don Nicola Mattia; il capo chinato verso destra sembra bilanciare lo sguardo orientato verso sinistra per ridare centralità al Volto, addirittura il capo,  più che chinato, pare si stia rialzando, come se stesse riprendendo vita: ci troveremmo dinanzi alla citazione giovannea della morte di Gesù che “Chinato il capo consegnò lo Spirito” (Gv 19,30).  Gli occhi sono aperti nel continuo rimbalzare temporale tra la premorte e la resurrezione. Se nello spazio premorte gli occhi guardano a Giovanni, nello spazio pasquale notiamo innanzi tutto che la palpebra dell’occhio destro è più abbassata della palpebra dell’occhio sinistro. Nell’ iconologia del corpo di Gesù (e non solo) la destra indica la giustizia e la sinistra la misericordia; nel caso del crocifisso ligneo della chiesa S. Giorgio martire,  l’occhio della giustizia è più abbassato di quello della misericordia  che è ben aperto. Per quanto riguarda la bocca  leggermente aperta, una logopedista sostiene che sta proferendo la lettera A, forse di Abbà? Certamente, secondo il racconto giovanneo della passione, sta consegnando lo Spirito (Gv 19,30).

La bellezza e la perfezione dell’opera non permettono di ipotizzare errori nella realizzazione per questo sembra strano il dislivello tra la spalla e il braccio sinistro del crocifisso. Questo dislivello lascerebbe  ipotizzare un uso più dinamico del Cristo Crocifisso che in alcune liturgie non latine del Venerdi Santo viene calato dalla croce e deposto su dei teli con le braccia ribaltate e le mani posate sul basso ventre. Avremmo nella croce di Petrella una testimonianza di qualche rito non latino in questa comunità? L’ipotesi potrebbe essere suffragata dalla mano sinistra dello stesso crocifisso. Con le dita delle mani Gesù annuncia ancora l’ottavo giorno.  Mentre il palmo della mano destra è aperto e le dita sono tutte distese nel palmo della mano sinistra il pollice si appone all’anulare secondo la modalità della benedizione nei riti non latini.  A questo punto l’iconografia sposta il focus sugli aspetti materni ai quali l’opera fa riferimento sulla scia di una tradizione biblica e mistica. Margherita D’ Oingt contempla Cristo  come Madre che sulla croce ci nutre.  Infatti nella parte inferiore del torace, balza immediato all’occhio dell’osservatore l’assenza dell’ombelico; in questo modo l’autore fa la sua professione nella divinità di Gesù; è l’uomo che ha bisogno del cordone ombelicale con Dio e non il contrario. Dio non necessita che l’uomo lo nutra come dice il salmo 144, 17: “Tu apri la tua mano e sazi la fame di ogni vivente” e Gesù, di se dice: “ Io sono il pane della vita” (Gv 6, 35). Un altro simbolo di maternità, lo troviamo nel bacino leggermente dilatato quasi femminile. Dice Gesù: “Quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli, come una chioccia i suoi pulcini sotto le sue ali” (Lc 13, 34) Questa similitudine ispira la regola di S. Francesco ed è molto attuale nel magistero di papa Francesco, si tratta della spiritualità cristiana vissuta al femminile, strada certa verso Dio che in questa via si manifesta con “Viscere di Misericordia” (papa Francesco), con fare materno.  Clemente di Alessandria ha scritto: “Per la sua misteriosa divinità Dio è Padre. Ma la tenerezza che ha per noi lo fa diventare Madre. Amando da Padre diventa Madre”. Il perizoma ripropone il tema  sacerdotale come descritto in Es 28, 40 ss : “Farai loro inoltre calzoni di lino, per coprire la loro nudità; dovranno arrivare dai fianchi fino alle cosce. Aronne e i suoi figli li indosseranno quando entreranno nella tenda del convegno o quando si avvicineranno all’altare per officiare nel santuario”.  I piedi del Cristo piuttosto sproporzionati ci evangelizzano e ci ricordano che Gesù è: “Colui che ha gli occhi fiammeggianti e i piedi simili a bronzo splendente” (Ap 2,18), e ci annuncia la Pace : “Come sono belli sui monti i piedi del messaggero che annuncia la pace, del messaggero di buone notizie che annuncia la salvezza”.

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